Quando, nel 2015, Papa Francesco pubblicò Laudato Si’, molti parlarono di una “svolta verde” del pontificato. In realtà, si trattò di qualcosa di ben più profondo: un vero cambio di paradigma. L’ambiente non veniva più considerato solo come un’emergenza tecnica da affrontare, ma come parte di una crisi sistemica, che riguarda il nostro modo di vivere, produrre, consumare e governare.
Papa Francesco ce lo ricordò anche in un videomessaggio, realizzato appositamente per l’apertura dei lavori della decima edizione del Forum Compraverde, il 13 ottobre 2016. In quell’intervento sottolineò le profonde interconnessioni tra i sistemi di produzione e consumo, la salvaguardia del Pianeta e le diseguaglianze sociali.
A quasi dieci anni da quella enciclica, e a pochi mesi dalla pubblicazione di Laudate Deum, è evidente come quel messaggio abbia avuto un impatto duraturo, anche in ambiti apparentemente lontani dalla dottrina religiosa. Tra questi, le politiche pubbliche per la sostenibilità rappresentano uno spazio fertile in cui le parole del Papa offrono spunti per ripensare approcci, strumenti e priorità.
Tra i passaggi più incisivi di Laudato Si’ c’è l’affermazione: “Tutto è connesso” (LS, 240).
Un’intuizione semplice ma dirompente, che diventa un principio guida anche nell’azione pubblica.
Non può esserci politica ambientale separata da quella sociale, né economia disgiunta dalla responsabilità collettiva. L’idea di una “ecologia integrale” trova così un’applicazione concreta anche in strumenti come il Green Public Procurement: integrare criteri ambientali e sociali nelle decisioni di spesa pubblica non è solo buona amministrazione, ma una forma tangibile di giustizia ecologica.
In questo contesto, il mercato non è un fine, ma uno strumento. Papa Francesco critica apertamente un modello economico che riduce tutto alla logica del profitto, definendolo una
“deformazione concettuale dell’economia” (LS, 195). Le istituzioni pubbliche possono contrastare questa deriva, orientando il mercato attraverso le proprie scelte di acquisto, premiando le imprese che innovano, che riducono gli impatti ambientali, che generano valore sociale. Un’azione discreta ma profondamente trasformativa, capace di incidere sulle dinamiche di produzione e consumo.
Anche in Laudate Deum ritorna con forza l’invito alla coerenza: “Le politiche che non riescono a coniugare i due livelli — ambientale e sociale — sono destinate a fallire” (LD, 3). Dichiarare obiettivi ambiziosi non basta; è necessario tradurli in scelte quotidiane. E tra queste, le decisioni di acquisto delle amministrazioni pubbliche assumono un ruolo centrale: possono orientare le filiere, stimolare comportamenti virtuosi, promuovere una cultura dell’innovazione sostenibile.
Il cuore del messaggio di Papa Francesco, però, va oltre la tecnica e la politica. Invita a una trasformazione culturale, a una “cultura della cura”, fondata su motivazioni profonde e su un percorso educativo condiviso. Le politiche pubbliche, in questo senso, possono diventare esempi concreti di coerenza tra mezzi e fini, contribuendo a costruire un orizzonte diverso, fondato sul rispetto, sulla responsabilità e sulla solidarietà intergenerazionale.
Papa Francesco ha restituito alla sostenibilità ambientale un linguaggio universale, accessibile, capace di coniugare spiritualità, etica e politica pubblica. Ha mostrato che l’ecologia non è solo una questione scientifica, ma anche morale, sociale e politica. Le sue parole ci ricordano che ogni scelta — anche la più apparentemente tecnica — può contribuire alla cura della casa comune.
Non è necessario essere credenti per accogliere questo messaggio. Serve però la volontà di agire in modo coerente, sistemico, responsabile. Perché, davvero, tutto è connesso.